Di ritorno dal funerale del padre,
Lison riceve un regalo del tutto inatteso, una pila di quaderni il cui
contenuto è destinato a cambiarla per sempre, e a cambiare l'immagine
del padre che ha amorevolmente costruito nell'arco di una vita intera.
I quaderni contengono il più sorprendente ritratto di suo padre: si tratta infatti di un diario sensoriale, redatto con sensibilità di rabdomante, che racconta la storia del suo corpo, dal compimento dei dodici anni di età fino ai giorni immediatamente precedenti la morte.
Ecco pronta nelle mani di Lison una storia, fra le tante possibili, della vita di suo padre: epperò la storia più giusta, la più intima e profonda, l'unica che possa veramente dar conto di quel che la vita ha fatto di suo padre.
Leggendo, immergendosi nel racconto di quella vita lunga,
piena di fatti, ricca di incontri, foriera di cambiamenti, Lison entra
in un flusso narrativo dove a dar voce all'accaduto è il corpo, in tutte
le sue umorali e ricchissime variazioni.
Ecco dunque un vero e proprio journal d'un corps, come recita il titolo originale dell'opera, un diario dove vengono espresse le mille eterogenee sensazioni che quello strumento meraviglioso che è il corpo è in grado di far provare alla persona tutta.
Materia plasmabile, mutevole, il corpo: materia che nelle mani capaci di Daniel Pennac dà vita a un romanzo bello, divertente, commovente, il cui registro è - per così dire - fisiologicamente
mutevole, dato che viene modulato di volta in volta sulle
manifestazioni organiche di un corpo che cresce, impara, si ammala e si
corrompe.
Sempre, per tutta la vita, il corpo dètta l'agenda anche di ciò di cui è spesso, e a torto, considerato il mero involucro.
Dove starebbe quell'anima
che sta parlando a Lison, infatti, e come potrebbe esprimersi, se non
attraverso la bocca, gli occhi, le orecchie, le mani e tutto quel che il
corpo mette a sua disposizione?
Cosa sarebbe, l'anima, senza un corpo a tenerla nel mondo, e a farle fare esperienza di esso?
L'uomo al centro del
racconto - che con la sua pretesa di anonimato getta un ponte perché la
sua storia possa dirsi ancor più universale - ha iniziato a tenere il
diario quando ha provato per la prima volta la paura: boy scout,
dodicenne, viene legato a un albero, e teme di essere divorato dalle
formiche.
In quel momento la decisione è presa:
d'ora in avanti, proteggerà il proprio corpo "dagli assalti
dell'immaginazione, e l'immaginazione dalle manifestazioni intempestive
del corpo".
E quell'illuminazione non lo abbandonerà mai più: "più lo si analizza, più lo si esibisce, meno esso esiste".
Anche per questo, forse, il corpo resta uno dei grandi tabù della nostra epoca.
Ecco la meravigliosa eredità che il narratore lascia a sua figlia Lison: un memoir
intimo e personale fatto di gioie e dolori, umori e reazioni fisiche,
trasformazioni e sensazioni, ma anche deiezioni e malattie: tutto quel
che attiene al corpo contribuisce a creare una storia naturale del sé,
ed è ugualmente degno di essere glorificato.
Il libro è
strutturato, proprio come lo sono i diari, in brevi capitoli, ciascuno
dei quali è il racconto meravigliato dei sensi, e riporta le
insicurezze, i timori, le gioie e gli orgasmi di un uomo che ha vissuto pienamente.
In
questo "erbario" fantastico, Lison troverà le espressioni della pubertà
e dell’invecchiamento, i piaceri e le malattie... la grandezza e la
vulnerabilità di un corpo umano finalmente messo a nudo (è proprio il caso di dirlo) nel suo essere unico.
Un lavoro coraggioso e decisamente riuscito,
quello di Pennac; un libro che agisce su di un sentimento universale ma
spesso disconosciuto, restituendolo in tutta la sua potenza e
freschezza a chiunque sbuffando una nuvola di fiato nel gelido mattino
invernale provi la gioia di essere vivo.
Daniel Pennac - Storia di un corpo
Titolo originale: Journal d'un corps
Traduzione di Yasmina Melaouah
341 pag., 18 euro - Feltrinelli (I narratori)
ISBN 9788807019210
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