LIBER IV
XXVIII
(1) Erant in quadam ciuitate rex et regina. Hi tres numero filias forma
conspicuas habuere, sed maiores quidem natu, quamuis gratissima specie,
idonee tamen celebrari posse laudibus humanis credebantur, (2) at uero
puellae iunioris tam praecipua, tam praeclara pulchritudo nec exprimi ac
ne sufficienter quidem laudari sermonis humani penuria poterat. (3)
Multi denique ciuium et aduenae copiosi, quos eximii spectaculi rumor
studiosa celebritate congregabat, inaccessae formonsitatis admiratione
stupidi et admouentes oribus suis dexteram primore digito in erectum
pollicem residente ut ipsam prorsus deam Venerem religiosis
adorationibus. (4) Iamque proximas ciuitates et attiguas regiones fama
peruaserat deam quam caerulum profundum pelagi peperit et ros spumantium
fluctuum educauit iam numinis sui passim tributa uenia in mediis
conuersari populi coetibus, uel certe rursum nouo caelestium stillarum
germine non maria sed terras Venerem aliam uirginali flore praeditam
pullulasse.
XXIX
(1) Sic immensum procedit in dies opinio, sic insulas iam proxumas et
terrae plusculum prouinciasque plurimas fama porrecta peruagatur. (2)
Iam multi mortalium longis itineribus atque altissimis maris meatibus ad
saeculi specimen gloriosum confluebant. (3) Paphon nemo Cnidon nemo ac
ne ipsa quidem Cythera ad conspectum deae Veneris nauigabant; sacra
differuntur, templa deformantur, puluinaria proteruntur, caerimoniae
negleguntur; incoronata simulacra et arae uiduae frigido cinere
foedatae. (4) Puellae supplicatur et in humanis uultibus deae tantae
numina placantur, et in matutino progressu uirginis uictimis et epulis
Veneris absentis nomen propitiatur, iamque per plateas commeantem populi
frequenter floribus sertis et solutis adprecantur. (5) Haec honorum
caelestium ad puellae mortalis cultum inmodica translatio uerae Veneris
uehementer incendit animos, et inpatiens indignationis capite quassanti
fremens altius sic secum disserit:
TRADUZIONE:
LIBRO QUARTO
XXVIII
"Un tempo, in una città, vivevano un re e una regina che avevano tre
bellissime figlie, le due più grandi, per quanto molto belle, potevano
essere degnamente celebrate con lodi umane, ma la bellezza della più
giovane era così straordinaria e così incomparabile che qualsiasi parola
umana si rivelava insufficiente a descriverla e tanto meno a esaltarla.
"Insomma sia quelli della città che i forestieri, attratti in gran
numero dalla fama di tanto prodigio, restavano attoniti dinanzi a un
simile miracolo di bellezza: portavano la mano destra alle labbra,
accostavano l’indice al pollice e la adoravano con religioso rispetto
come se fosse stata Venere in persona. *
"Anzi nelle vicine città e nelle terre confinanti si era sparsa la voce
che la dea nata dai profondi abissi del mare e allevata dalla spuma dei
flutti, volendo elargire la grazia della sua divina presenza, era
discesa fra gli uomini o anche che da un nuovo seme di stille celesti
non il mare ma la terra aveva sbocciato un’altra Venere, anch’essa
bellissima, nella sua grazia virginale.
XXIX
"Di giorno in giorno una simile credenza si rafforzava sempre più e la
voce cominciò a diffondersi nelle isole vicine e poi più lontano in
molte regioni del continente. "Folle di pellegrini sempre più numerose
facevano lunghi viaggi, attraversavano mari profondi per vedere quella
straordinaria meraviglia del secolo. "Nessuno andava più a Pafo o a
Cnido o a Citera per visitare i santuari di Venere; alla dea non si
facevano più sacrifici, i suoi templi erano lasciati nell’abbandono, i
suoi sacri cuscini calpestati *,
le cerimonie trascurate, le sue statue restavano disadorne, vuoti i
suoi altari e ingombri di cenere spenta. "Alla fanciulla si innalzavano
preghiere, e si placava il nume di una dea potente come Venere adorando
un volto umano. Al mattino, quando la vergine usciva, a lei si
apprestavano vittime e banchetti invocando il nome di Venere assente e,
quando passava per via, il popolo le si affollava supplice intorno con
fiori e ghirlande. "Questo eccessivo tributo di onori divini a una
fanciulla mortale suscitò lo sdegno violento della Venere vera che,
scuotendo fieramente il capo e malcelando la collera, così cominciò a
ragionare:
Nessun commento:
Posta un commento