XXX
(1) "En rerum naturae prisca parens, en elementorum origo initialis, en
orbis totius alma Venus, quae cum mortali puella partiario maiestatis
honore tractor et nomen meum caelo conditum terrenis sordibus
profanatur! (2) Nimirum communi nominis piamento uicariae uenerationis
incertum sustinebo et imaginem meam circumferet puella moritura. (3)
Frustra me pastor ille cuius iustitiam fidemque magnus comprobauit
Iuppiter ob eximiam speciem tantis praetulit deabus. Sed non adeo
gaudens ista, quaecumque est, meos honores usurpauerit: iam faxo huius
etiam ipsius inlicitae formonsitatis paeniteat." (4) Et uocat confestim
puerum suum pinnatum illum et satis temerarium, qui malis suis moribus
contempta disciplina publica flammis et sagittis armatus per alienas
domos nocte discurrens et omnium matrimonia corrumpens impune committit
tanta flagitia et nihil prorsus boni facit. (5) Hunc, quanquam genuina
licentia procacem, uerbis quoque insuper stimulat et perducit ad illam
ciuitatem et Psychen - hoc enim nomine puella nuncupabatur - coram
ostendit,
XXXI
(1) et tota illa perlata de formonsitatis aemulatione fabula gemens ac
fremens indignatione: "Per ego te" inquit "maternae caritatis foedera
deprecor per tuae sagittae dulcia uulnera per flammae istius mellitas
uredines uindictam tuae parenti sed plenam tribue (2) et in
pulchritudinem contumacem seueriter uindica idque unum et pro omnibus
unicum uolens effice: (3) uirgo ista amore fraglantissimo teneatur
hominis extremi, quem et dignitatis et patrimonii simul et incolumitatis
ipsius Fortuna damnauit, tamque infimi ut per totum orbem non inueniat
miseriae suae comparem".
TRADUZIONE:
XXX
"’Ecco che io, l’antica madre della natura, l’origine prima degli
elementi, la Venere che dà vita all’intero universo, sono ridotta a
dividere con una fanciulla mortale gli onori dovuti alla mia maestà e a
veder profanato dalle miserie terrene il mio nome celebrato nei cieli.
Nessuna meraviglia, allora, se durante i riti espiatori dovrò sopportare
un culto equivoco, diviso a metà e se una fanciulla che non potrà
sfuggire alla morte ostenterà le mie sembianze. ‘A nulla è valso allora
che quel pastore *
la cui giustizia e lealtà fu dallo stesso Giove riconosciuta, per la
straordinaria bellezza prescelse me fra dee tanto più illustri. ‘Ma non
se li godrà a lungo costei, chiunque sia, gli onori che mi usurpa: la
farò pentire io della sua bellezza che non le spetta.’ ‘E là per là
chiamò il suo alato figliuolo, quel cattivo soggetto che,
infischiandosene della pubblica morale, ha la pessima abitudine di
andarsene in giro armato di torce e di frecce, di entrare di notte nelle
case della gente e profanare i letti nuziali insomma di provocare
impunemente un sacco di guai, senza far mai nulla di buono. E sebbene
fosse un briccone e sfacciato per natura, lei questa volta con le sue
parole lo incoraggiò e lo aizzò, lo condusse fino a quella città, gli
indicò Psiche - così si chiamava la fanciulla - e gli raccontò gemendo e
fremendo d’indignazione tutta la storia della bellezza contesa.
XXXI
"’Ti prego’ gli diceva ‘in nome dell’affetto che mi porti, per le dolci
ferite delle tue frecce, per le soavi scottature delle tue torce, fa
che tua madre abbia piena vendetta, punisci senza pietà questa bellezza
insolente. Se tu vuoi puoi davvero farmelo questo piacere, soltanto
questo: che la ragazza si innamori pazzamente dell’ultimo degli uomini,
di quello che la sfortuna ha particolarmente colpito nella posizione
sociale, nel patrimonio, nella stessa salute, caduto così in basso che
sulla faccia della terra non se né trovi nessuno come lui disgraziato.
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