lunedì 6 maggio 2013

Amore e Psiche: L'invidia della dea Venere e il ricorso a Cupìdo.

XXX (1) "En rerum naturae prisca parens, en elementorum origo initialis, en orbis totius alma Venus, quae cum mortali puella partiario maiestatis honore tractor et nomen meum caelo conditum terrenis sordibus profanatur! (2) Nimirum communi nominis piamento uicariae uenerationis incertum sustinebo et imaginem meam circumferet puella moritura. (3) Frustra me pastor ille cuius iustitiam fidemque magnus comprobauit Iuppiter ob eximiam speciem tantis praetulit deabus. Sed non adeo gaudens ista, quaecumque est, meos honores usurpauerit: iam faxo huius etiam ipsius inlicitae formonsitatis paeniteat." (4) Et uocat confestim puerum suum pinnatum illum et satis temerarium, qui malis suis moribus contempta disciplina publica flammis et sagittis armatus per alienas domos nocte discurrens et omnium matrimonia corrumpens impune committit tanta flagitia et nihil prorsus boni facit. (5) Hunc, quanquam genuina licentia procacem, uerbis quoque insuper stimulat et perducit ad illam ciuitatem et Psychen - hoc enim nomine puella nuncupabatur - coram ostendit,
XXXI (1) et tota illa perlata de formonsitatis aemulatione fabula gemens ac fremens indignatione: "Per ego te" inquit "maternae caritatis foedera deprecor per tuae sagittae dulcia uulnera per flammae istius mellitas uredines uindictam tuae parenti sed plenam tribue (2) et in pulchritudinem contumacem seueriter uindica idque unum et pro omnibus unicum uolens effice: (3) uirgo ista amore fraglantissimo teneatur hominis extremi, quem et dignitatis et patrimonii simul et incolumitatis ipsius Fortuna damnauit, tamque infimi ut per totum orbem non inueniat miseriae suae comparem".

TRADUZIONE:
 
XXX "’Ecco che io, l’antica madre della natura, l’origine prima degli elementi, la Venere che dà vita all’intero universo, sono ridotta a dividere con una fanciulla mortale gli onori dovuti alla mia maestà e a veder profanato dalle miserie terrene il mio nome celebrato nei cieli. Nessuna meraviglia, allora, se durante i riti espiatori dovrò sopportare un culto equivoco, diviso a metà e se una fanciulla che non potrà sfuggire alla morte ostenterà le mie sembianze. ‘A nulla è valso allora che quel pastore * la cui giustizia e lealtà fu dallo stesso Giove riconosciuta, per la straordinaria bellezza prescelse me fra dee tanto più illustri. ‘Ma non se li godrà a lungo costei, chiunque sia, gli onori che mi usurpa: la farò pentire io della sua bellezza che non le spetta.’ ‘E là per là chiamò il suo alato figliuolo, quel cattivo soggetto che, infischiandosene della pubblica morale, ha la pessima abitudine di andarsene in giro armato di torce e di frecce, di entrare di notte nelle case della gente e profanare i letti nuziali insomma di provocare impunemente un sacco di guai, senza far mai nulla di buono. E sebbene fosse un briccone e sfacciato per natura, lei questa volta con le sue parole lo incoraggiò e lo aizzò, lo condusse fino a quella città, gli indicò Psiche - così si chiamava la fanciulla - e gli raccontò gemendo e fremendo d’indignazione tutta la storia della bellezza contesa.
XXXI "’Ti prego’ gli diceva ‘in nome dell’affetto che mi porti, per le dolci ferite delle tue frecce, per le soavi scottature delle tue torce, fa che tua madre abbia piena vendetta, punisci senza pietà questa bellezza insolente. Se tu vuoi puoi davvero farmelo questo piacere, soltanto questo: che la ragazza si innamori pazzamente dell’ultimo degli uomini, di quello che la sfortuna ha particolarmente colpito nella posizione sociale, nel patrimonio, nella stessa salute, caduto così in basso che sulla faccia della terra non se né trovi nessuno come lui disgraziato. 


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